Cass. civ. Sez. lavoro, Sent. n. 18226 del 17 settembre 2015

la quaestio iuris sottoposta all’attenzione della Suprema Corte consiste nel sapere se la disciplina dell’inattività delle parti dettata dal codice di procedura civile, con riguardo sia al giudizio di primo grado che a quello di appello si applichi, oppure no, anche alle controversie individuali di lavoro, alla luce della specialità di quest’ultimo rito e dei suoi principi informatori. Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto che tali rilievi non ostino all’applicazione della disciplina di cui all’art. 348, comma 1, Cod. Proc. Civ., con la conseguenza che “la mancata comparizione dell’appellante all’udienza di cui all’art. 437 cod. proc. civ. non consente la decisione della causa nel merito, ma impone la fissazione di nuova udienza, da comunicare nei modi previsti, nella quale il ripetersi di tale difetto di comparizione comporta la dichiarazione di improcedibilità dell’appello”. Sentenza, questa, che conferma, invero, un orientamento più che consolidato dello stesso Supremo Collegio (cfr. ex multis, Cass. sentenze n 2816 del 2015, n 5238 del 2011, 5643 del 2009, n 7837 del 2003 e n 12358 del 2003).

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