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Cass. civ. Sez. lavoro, Sent. n. 17987 del 11 settembre 2015

la quaestio iuris sottoposta all’attenzione della Suprema Corte consiste nel sapere se è legittimo, oppure no, il licenziamento comminato “per assenza ingiustificata dal lavoro durata più di tre giorni”, nel caso in cui lo stesso rapporto sia “caratterizzato da «grossa conflittualità»”. Circostanza, quest’ultima, che è stata ritenuta decisiva dalla Corte di Appello di Roma al fine di escludere la proporzionalità della sanzione del licenziamento. Ebbene, la Suprema Corte, premesso che “la clausola di un contratto collettivo che preveda un certo fatto quale giusta causa o giustificato motivo di licenziamento non esime il giudice dalla valutazione di proporzionalità fra il provvedimento espulsivo adottato dal datore di lavoro e la gravita del fatto addebitato all’incolpato”, ha, tuttavia, ritenuto che “la necessità di questa valutazione discrezionale … non sussiste quando si tratti di fattispecie di illecito disciplinare formulata non già con espressioni elastiche ma rigidamente predeterminata e non sussistano circostanze attenuanti”. E così, “la situazione di «grossa conflittualità» tra le parti del rapporto di lavoro, genericamente evocata dalla Corte d’appello, non può assumere alcun rilievo attenuante, posto che tutti i licenziamenti per indisciplina non colposa rivelano una conflittualità tra datore e prestatore di lavoro”.