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Cass. Civ., Sez. Un., Sent. n. 17685 del 23 giugno 2015

la quaestio iuris sottoposta all’attenzione della Suprema Corte consiste nel sapere se anche in seguito all’introduzione dell’art. 12 del D.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, che ha espressamente ricondotto all’ambito dell’assicurazione obbligatoria l’ipotesi dell’infortunio in itinere, tale ultima fattispecie debba essere esclusa, oppure no, dalla tutela la fattispecie nella quale, in caso di fatto doloso del terzo, venga a mancare la “occasione di lavoro”. Al fine di comporre il contrasto giurisprudenziale, il Supremo Collegio ha, anzitutto, ritenuto di dover ricordare che “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l’assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti”. Quindi, le Sezioni Unite hanno ripercorso i due orientamenti giurisprudenziali in contrasto, che possono essere così sintetizzati. Il primo orientamento è quello per cui “in tema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, pur nel regime precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 38 del 2000 , è indennizzabile l’infortunio occorso al lavoratore in itinere, ove sia derivato da eventi dannosi, anche imprevedibili ed atipici, indipendenti dalla condotta volontaria dell’assicurato, atteso che il rischio inerente il percorso fatto dal lavoratore per recarsi al lavoro è protetto in quanto ricollegabile, pur in modo indiretto, allo svolgimento dell’attività lavorativa, con il solo limite del rischio elettivo”. Mentre, il secondo orientamento è quello per cui “in tema di indennizzabilità dell’infortunio in itinere, si sottrae a censure la decisione di merito che, a fronte dell’omicidio del lavoratore, ad opera di ignoti, nel tragitto percorso per recarsi al lavoro, ha ravvisato tra prestazione lavorativa ed evento una mera coincidenza cronologica e topografica, un indizio del nesso di occasionalità …. escludendo qualsiasi collegamento oggettivo tra evento, esecuzione del lavoro e itinerario seguito per raggiungere il luogo di lavoro a bordo della propria autovettura”. Ebbene, il Supremo Collegio, con la pronuncia in commento, ha ritenuto di dover aderire al secondo orientamento e, quindi, di dover enunciare il seguente principio di diritto, ritenuto più coerente con la norma di legge, “la espressa introduzione dell’ipotesi legislativa dell’infortunio in itinere non ha derogato alla norma fondamentale che prevede la necessità non solo della «causa violenta» ma anche della «occasione di lavoro», con la conseguenza che, in caso di fatto doloso del terzo, legittimamente va esclusa dalla tutela la fattispecie nella quale in sostanza venga a mancare la “occasione di lavoro” in quanto il collegamento tra l’evento e il «normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione e quello di lavoro» risulti assolutamente marginale basato esclusivamente su una mera coincidenza cronologica e topografica”.